Un analisi dei lemmi III: definizioni

 MANCANZA

s. f. [der. di mancare].

1. a. Il mancare, l’essere privo di qualche cosa; il fatto che qualche cosa manchi del tutto o non ve ne sia in misura sufficiente: patire di m. d’acqua, di viveri; c’è m. di spazio, di tempo; la ricerca è stata abbandonata per m. di fondi; anche riferito a qualità intellettuali o morali: m. di memoria, di autorità, di interessi. Frequente nella locuz. avv. in mancanza di, non essendoci, non avendo: in m. di meglio, o d’altro, dovremo adattarci; in m. di nuove disposizioni, si continuerà a osservare il vecchio orario. b. Il fatto che una persona manchi, soprattutto in riferimento a una funzione o a un’attività, e in quanto l’assenza sia avvertita da chi invece è presente: in m. del sindaco, ne fa le veci l’assessore anziano; abbiamo sentito molto la tua m.; anche riferito a persona defunta: la sua improvvisa m. ha lasciato la famiglia nella costernazione.

2. fig. a. Colpa più o meno grave, per inadempienza nei propri doveri, o per inosservanza di una norma morale, sociale, giuridica: commettere, scontare, punire, perdonare una m.; una lieve m., una m. grave; le sue m. sono imperdonabili. b. Imperfezione, difetto, sia in persona sia in cosa: ognuno di noi ha le proprie m.; forse una mia m. è quella di non capire ciò che s’arresta e di voler condurre tutto a qualunque costo avanti (Slataper). c. Il venir meno fisicamente; svenimento, mancamento: improvvisamente ha avuto una m.; al plur., non com., sospensione delle mestruazioni per gravidanza o per cause psicologiche.

3. Moneta d’oro del valore di 40 carlini o di 4 ducati, coniata a Napoli da Carlo di Borbone nel 1749 e poi da Ferdinando IV, così chiamata rispetto all’oncia di 60 carlini o 6 ducati.


ORRORE

s. m. [dal lat. horror-oris, der. di horrere (v. orrido)].

1. a. Impressione violenta di ribrezzo, di repulsione, di spavento, provocata nell’animo da cose, avvenimenti, oggetti, persone che siano in sé brutti, crudeli, ripugnanti e sim.: vista, spettacolo, racconto che fa (o mette, suscita, desta, ispira, incute) o.; misfatti che riempiono di o.; provare o. alla vista del sangue; essere preso, compreso, còlto, invaso da o., da un senso di o.; rabbrividire, fremere d’o.; un brivido, un moto, un gesto d’o.; un grido di o. si levò dalla folla; film dell’o. (e con sign. collettivo cinema dell’o., per indicare il genere), basati sull’orrido e sul macabro (v. horror). Anche, di cose che ripugnino moralmente: il suo cinismo mi fa orrore. In senso concr., la cosa stessa che provoca tale sentimento: gli o. della guerra civile, della rivoluzione, della miseria, della depravazione; mi narrò tutti gli o. della sua prigionia; l’animo si ribella a questi o.; è un o.; che o.! In usi iperb., con riferimento a cosa, opera, persona assai brutta: questo quadro, questa statua, questa musica è un vero o.; che o. quell’uomo! b. Per estens., sentimento di ripugnanza, di avversione, di antipatia, per cui si rifugge naturalmente da qualche cosa: avere o. per il sangue, per la menzogna, o più spesso avere in o. il sangue, la menzogna; ho o. per la solitudine; ho in o. qualsiasi eccesso. Con sign. affine, o. del vuoto, v. horror vacui.

2. letter. Senso di sbigottimento ispirato dalle tenebre, dall’oscurità: un solitario orrore D’ombrosa selva mai tanto mi piacque (Petrarca); all’orror de’ notturni Silenzj si spandea lungo ne’ campi Di falangi un tumulto e un suon di tube (Foscolo). Con accezione partic., sacro o. (e, meno com., o. religioso), sentimento misto di superstizioso terrore, di rispetto e di venerazione ispirato da luoghi in cui si sente la presenza della divinità; nell’uso odierno, l’espressione sacro o. è per lo più adoperata in tono scherz. per indicare avversione (soprattutto per ciò che non è in sé un male): ha un sacro o. dell’acqua, di persona che è poco amante della pulizia o anche di persona a cui piace molto il vino.

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